L’Italia decide sul gasdotto trans-Adriatico

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Depositato presso il Ministero dell’Ambiente italiano il progetto per la realizzazione della TAP: infrastruttura deputata al trasporto dell’oro blu azero nella nostra Penisola. I vantaggi dell’iniziativa per l’indipendenza energetica e la sicurezza nazionale del nostro stato contrastati da possibili intoppi a livello burocratico e lobbistico da parte di una Russia monopolista notevolmente influente negli equilibri geopolitici ed economici del nostro Paese

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Il gas per l’Italia potrebbe giungere da fonti diversificate e, così, abbattere un’onerosa bolletta dettata dal forte dipendenza della nostra penisola dalla Russia. Queste sono le motivazioni espresse a supporto della costruzione del Gasdotto Transadriatico – TAP: un’infrastruttura, compartecipata dalle compagnie energetiche elvetica EGL, norvegese STATOIL, e tedesca E.On, che, se realizzata, permetterà il trasporto di gas di provenienza centro-asiatica direttamente nel nostro Paese.

Come riportato dall’autorevole Natural Gas Energy, sulla base di una nota dell’ufficio stampa del consorzio TAP, il piano di costruzione del Gasdotto Trans-Adriatico è stato presentato alla Commissione di Valutazione per l’Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente, a cui spetta l’imprimatur definitivo per la realizzazione di un’infrastruttura che potrebbe giovare non poco alla diversificazione delle forniture di gas dell’Italia che, sopratutto dopo i risvolti della guerra il Libia, sono quasi del tutto provenienti dalla Russia.

Il Gasdotto Trans-Adriatico è concepito per importare 10 miliardi di metri cubi annui di gas azero dal confine tra Grecia e Turchia attraverso l’Albania fino alla Puglia: per la precisione, nel comune di Meledugno, in Provincia di Lecce, tra le località di San Foca e Specchia Ruggeri. Una volta raggiunte le acque territoriali italiane, la TAP sarà inserita tra le infrastrutture controllate da Snam Rete Gas, ossia l’ente che nel nostro Paese detiene il controllo del sistema infrastrutturale energetico della penisola.

“Ci siamo impegnati per tre anni, durante i quali siamo stati a stretto contatto con Enti Locali e ONG per ridurre al minimo ogni impatto ambientale e individuare il punto di arrivo della TAP maggiormente conveniente a entrambe le parti – ha dichiarato il Responsabile della Sicurezza del consorzio deputato alla costruzione del Gasdotto Trans-Adriatico, Martin Ferguson – la presa in considerazione del nostro progetto è un passo fondamentale per evitare ogni rischio sul piano del rispetto dell’equilibrio ecologico della regione”.

Come riportato nella nota del consorzio TAP, la costruzione del gasdotto è stata prevista addirittura nel periodo invernale, per non nuocere al turismo: molto forte sulle spiagge salentine durante la stagione estiva, e su cui si basa gran parte dell’economia italiana e pugliese. Tuttavia, queste rassicurazioni potrebbero non bastare per la realizzazione del progetto per almeno tre motivi.

Il peso del Cremlino e degli ambientalisti

Il primo è legato dalla scarsa propensione delle autorità pugliesi ad ogni progetto energetico, a cui si somma la cronica farraginosità della burocrazia italiana. Un precedente a riguardo è stata la recente decisione della compagnia inglese BR di congelare i piani per la costruzione del rigassificatore di Brindisi a causa della mancata concessione delle dovute licenze dopo undici anni di attesa.

La costruzione dell’infrastruttura a Brindisi, necessaria comela TAPper diversificare le forniture di gas italiane, è stata avviata nel 2001, ma, secondo quanto denunciato da BR, sia Roma che Bari hanno rallentato la sua attuazione fino alla definitiva rinuncia.

Il secondo motivo è dettato dall’incertezza che ancora aleggia sull’effettiva concessione della licenza per il trasporto del gas azero alla TAP, con il quale concorre il Nabucco Occidentale: un gasdotto, compartecipato dalla compagnia austriaca OMV, da quella ungherese MOL, dalla romena Transgaz e dalla tedesca RWE, concepito per importare l’oro blu di Baku nel Vecchio Continente attraverso Romania, Ungheria e Austria.

In ultimo, non è da escludere il forte peso della Russia negli equilibri energetici italiani, e nel mondo della politica e dell’economia del nostro Paese: una presenza bipartisan che, negli ultimi anni, ha impedito ai governi italiani di individuare e realizzare vie di approvvigionamento alternative a quelle di Mosca.

A dimostrazione di quanto pesante sia la nostra dipendenza dal Cremlino la si è avuta lo scorso Febbraio, quando la Russia, per costringere l’Ucraina a cedere al monopolista russo, Gazprom, i propri gasdotti nazionali, ha tagliato l’invio di gas verso Occidente e, di conseguenza, ha provocato il calo delle forniture in Italia, la quale, non potendo contare sull’affidabilità degli approvvigionamenti dal Nord Africa, ha dovuto affrontare un’emergenza energetica quasi senza precedenti.

Matteo Cazzulani

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